“Odio il mio lavoro ma non riesco a lasciarlo. Mi sento in gabbia”.
Ogni lunedì mattina milioni di persone, esattamente come Matteo (nome inventato) si svegliano con un peso sullo stomaco.
Entrano in ufficio con un unico desiderio: uscirne.
Contano i minuti, i giorni, le settimane. Eppure continuano a rimanere lì, in quel lavoro che odiano.
Perché?
Il Global Workplace Report di Gallup – il più grande studio annuale sull’esperienza e la condizione dei lavoratori a livello globale – fotografa questa realtà: solo il 21% delle persone a livello globale si sente coinvolta nel proprio lavoro. Il resto è disimpegnato o, peggio ancora, apertamente demotivato.
In Europa il dato è ancora più basso: appena il 13% dei lavoratori è ingaggiato e in Italia il dato si attesta al 10%. Un livello tra i più bassi al mondo che riflette una crisi silenziosa.
E non si tratta solo di numeri. Si tratta di persone che ogni giorno mettono in pausa il proprio desiderio di cambiamento, rassegnandosi a un lavoro che le spegne.
Ma perché lo facciamo? Perché continuiamo a fare un lavoro che non ci piace, non ci soddisfa e che in alcuni casi ci fa stare male?
Queste sono alcune delle motivazioni che ho riscontrato dalla mia esperienza e da quella dei miei clienti.
Non si tratta di verità assoluta ma di un punto di vista basato su emozioni realmente provate e che tutt’oggi bloccano milioni di persone all’idea del cambiamento.
Odi il tuo lavoro ma la sicurezza economica prevale
La prima risposta a “Perché non cambi” è quasi sempre la stessa: “Perché ho bisogno dello stipendio”.
E ha perfettamente senso! Il lavoro è ciò che ci permette di pagare le bollette, di vivere, di mantenerci. La paura di perdere quella sicurezza è fortissima.
Cambiare lavoro o percorso professionale viene spesso vissuto come un salto nel vuoto.
La mente inizia subito a pensare a tutto ciò che potrebbe perdere: lo stipendio, i benefit, la casa, la routine. È un meccanismo naturale, di difesa: il nostro cervello tende a privilegiare la sopravvivenza e a evitare i rischi. Ma così facendo ci blocchiamo, anche quando il lavoro attuale ci logora.
E allora che faccio?
Continuo a fare qualcosa che non mi piace solo perché mi dà da vivere?
Qualcuno potrebbe dire di sì (e ne conosco!), ed è ok a patto che non si lamenti e non faccia pesare la condizione che ha scelto.
Siamo tutti d’accordo sul fatto che il denaro ci serva per vivere e nessuno dice che per affrontare un cambiamento sia necessario fare un salto quantico!
Buttarsi non è (quasi) mai una buona idea.
Puoi però pensare di pianificare il tuo cambiamento ad esempio mettendoti da parte qualche soldo, organizzando al meglio il tuo bilancio familiare, creandoti un tesoretto che ti dia la possibilità di affrontare tutto con più tranquillità!
Affrontare un cambiamento lavorativo quando si è “alla canna del gas” non è mai una buona idea. Il rischio è quello di:
👉🏻perdere lucidità
👉🏻non vedere le opportunità attorno a te
👉🏻non valutare con serenità
Ricordati che il momento migliore per cercare lavoro è quando non ne hai bisogno!
Vedi solo i rischi e non i benefici
Quando pensiamo al cambiamento il focus va immediatamente su quello che potremmo perdere, non su ciò che potremmo guadagnare.
Hai mai sentito parlare del “bias avversione alla perdita (loss avversion bias)”? Si tratta di un processo mentale automatico e non consapevole che il nostro cervello fa per risparmiare energia.
Questo bias consiste nel temere molto di più di perdere qualcosa che già possediamo rispetto a quanto siamo motivati a ottenere qualcosa di nuovo.
Pensaci: hai studiato per anni, investito tempo e fatica, costruito competenze e la sola idea di mollare tutto può sembrare un fallimento.
Ma lo è davvero?
Il punto è che il cambiamento spaventa perché ti mette davanti alla possibilità di rimettere tutto in discussione. Ma restare in una situazione che ti rende infelice è davvero la scelta più sicura?
E allora come si fa?
Semplice. Invece di pensare che le cose potrebbero andranno male, che potresti trovarti in un ambiente peggiore, ecc...non è più utile pensare a cosa accadrebbe se andasse tutto bene? Se ti trovassi meglio di quanto pensassi ed iniziassi davvero ad essere felice?
Certo, è un rischio. Nessuno saprà mai come andrà finché non lo provi.
Ma qual è l’alternativa? Non è più rischioso restare in una situazione di disagio con la prospettiva che le cose andranno sempre peggio?
A te la scelta.
Nonostante l’odio per il tuo lavoro ti identifichi con esso
In una società in cui la prima domanda che ci fanno è “Che lavoro fai?”, è facile che la nostra identità si leghi profondamente alla professione.
Se per anni ti sei presentato come “avvocato/a”, “consulente alle vendite”, “project manager”, è normale che l’idea di cambiare ti faccia sentire persə.
Chi sei, se non fai più quel lavoro? Se non hai più quel titolo?
È una domanda che può mettere in crisi, ma anche aprire spazi enormi: sei molto più del tuo ruolo professionale. Riscoprire chi sei, al di là del biglietto da visita, è uno dei passaggi più liberatori del cambiamento.
Identificarsi troppo con ciò che facciamo, senza conoscerci a fondo e senza sapere di essere al di là del lavoro, può diventare pericoloso e questo perché ci sentiamo smarriti e senza punti di riferimento.
Come si fa dunque?
Sapere qual è la concezione che hai di te stessə sul piano individuale e quello sociale è essenziale e molto più importante della tua identità professionale, almeno in una prima fase.
Scopri prima chi sei, cosa vuoi, cosa ti piace, cosa ti appassiona e poi indaga l’aspetto professionale. Se vuoi un lavoro che ti rappresenti e che ti faccia stare bene, dovrai come prima cosa prenderti cura di te e del tuo io. Il lavoro diverrà una conseguenza.
Non hai idea di cosa fare
Un altro dei motivi principali per cui le persone restano dove sono è che non sanno che alternativa hanno. Non hanno chiaro cosa potrebbero o vorrebbero fare. E questo blocca ogni azione. Perché è difficile muoversi quando non si ha una direzione.
Ma la verità è che non si tratta di avere tutto chiaro da subito. Si tratta di iniziare a esplorare, sperimentare e raccogliere indizi.
Spesso ci sentiamo sotto pressione nel trovare la “giusta” carriera fin da giovani quando in realtà la maggior parte delle persone scopre cosa gli piace solo attraverso il tempo e l’esperienza.
La vocazione è rarissima e la passione non sempre è il driver principale di una scelta lavorativa. Le passioni si sviluppano, le strade cambiano, le idee si modificano, le competenze accrescono nel tempo.
Oggi sei una persona domani sarai un’altra. Il punto sta nello scoprire chi sei oggi e chi vuoi diventare domani.
Che si fa?
L’aiuto di un career coach che possa guidarti in questa scoperta è un ottimo punti di partenza.
L’incertezza del mondo del lavoro
Il mondo del lavoro è cambiato profondamente.
Le certezze sono sempre meno, così come i percorsi lineari e le garanzie a lungo termine. In questo contesto restare dove si è può sembrare la scelta più saggia.
Ma è davvero così?
L’incertezza è comunque parte della vita. Anche il lavoro che hai oggi potrebbe non durare. Se pensi al periodo della pandemia, quante persone con un “lavoro sicuro” sono rimaste a casa o in cassa integrazione? Il mito del posto fisso non esiste più.
Il vero antidoto non è restare fermi, ma diventare più adattabili, più consapevoli e più preparati al cambiamento.
Come puoi fare?
Formarti e informarti su ciò che c’è attorno a te e su cosa succede oltre la porta di casa tua. Incontra persone, parla loro, sii curiosə, esplora.
Il cambiamento parte da dentro di te.
Quelle maledette abitudini…
Ci sono poi tutti quei piccoli fattori che messi insieme ti tengono ancoratə: l’ufficio è vicino a casa, lo stipendio è buono, ti trovi bene con i colleghi, il contratto è a tempo indeterminato, ecc…
Tutto questo pesa nella bilancia delle decisioni.
Eppure, se ti fermi un attimo, ti rendi conto che stai barattando benessere e soddisfazione per un po’ di comodità. Ti stai accontentando. Ma a che prezzo?
Che fare dunque?
Valutare quanto queste abitudini siano realmente importanti per te rispetto a ciò che potresti ottenere affrontando un cambiamento lavorativo.
Torna il concetto di rischi vs benefici. A cosa vuoi dare più peso?
La strategia
Non ci è stato insegnato come si pianifica un cambiamento di carriera.
Pensiamo che il cambiamento debba essere un salto, una decisione drastica. In realtà, è molto più efficace pensarlo come un percorso graduale, fatto di piccoli passi.
Serve metodo, strategia, consapevolezza. Non impulsività.
Pianifica il tuo cambiamento.
Valuta le alternative.
Fai un passo alla volta.
Smetti di pensare in termini di “tutto o niente” e inizia a guardare alle transizioni come a percorsi progressivi.
Cambiare lavoro non significa necessariamente licenziarsi domani mattina. Anzi, nella maggior parte dei casi non è una buona idea farlo. La scelta più saggia è pianificare mentre sei ancora nel tuo ruolo attuale.
👉🏻 Metti da parte un piccolo fondo per sostenerti nei momenti di transizione.
👉🏻 Usa il tempo libero (weekend, sera) per esplorare.
👉🏻 Formarti su nuove competenze.
👉🏻 Crea una rete di contatti.
👉🏻 Fai network.
👉🏻 Fai piccoli esperimenti.
ll modo migliore per capire se un cambiamento ti piace è provare. Nel tuo tempo libero inizia a fare piccole attività legate a ciò che ti incuriosisce.
Ti piace scrivere? Apri un blog.
Hai sempre sognato di fare il coach o il consulente? Formati e inizia a proporre micro sessioni a chi conosci.
Fare ti aiuta a capire, fa crescere le competenze e a darti fiducia nelle tue capacità.
Restare in un lavoro che odi non è una colpa, ma una scelta spesso inconsapevole. È il frutto di paure, abitudini e mancanza di strumenti. Ma oggi più che mai è possibile cambiare in modo graduale e strategico e soprattutto esistono figure professionali in grado di aiutarti a farlo.
Non si tratta di avere tutto chiaro da subito, ma di iniziare a farsi le domande giuste.
E soprattutto, di agire, anche un piccolo passo alla volta. Perché se non cambi nulla, nulla cambierà.
Un abbraccio,
Fede